La lettura fa parte di quei comportamenti attraverso i quali quotidianamente riusciamo a dare una forma, un gusto e, per così dire, uno stile alla nostra esistenza.
«Andavo a ritrovare la vita, la follia nei libri. […] La fanciulla s’innamorava dell’esploratore che le aveva salvato la vita, tutto finiva con un matrimonio. Da questi periodici e da questi libri ho tratto la mia più intima fantasmagoria...». Quando il giovane Sartre si cala nei panni dell’eroe, dopo la lettura delle avventure di Pardaillan, non fa altro che ripetere ciò che tutti noi facciamo quando leggiamo e ci sentiamo fortemente attratti dalle possibilità e dalle promesse di esistenza offerte dalla letteratura.
È nella vita ordinaria che le opere mettono radici, depositano le loro tracce ed esercitano tutta la loro forza. Non troviamo la letteratura da una parte e la vita dall’altra: esistono al contrario, all’interno della vita stessa, tensioni, immagini e modi di essere che circolano tra soggetti e opere, che li portano allo scoperto, animandoli e suscitando delle reazioni. Le forme letterarie si presentano in questo senso nella lettura come vere e proprie forme di vita che coinvolgono comportamenti, pratiche, valori esistenziali.
Nell’esperienza comune della letteratura, ciascuno si riappropria del proprio legame con se stesso, con il proprio linguaggio, con le proprie possibilità, e attinge nella forza dello stile un’estetica.
Marielle Macè, vicedirettore del CRAL, specialista in letteratura francese moderna, insegna letteratura francese e pensiero letterario all’EHESS e all’École normale supérieure, ed è visiting professor alla New York University. Tra i suoi lavori l’opera Le temps de l’essai (Belin, 2006).
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